
E’ passato un anno da quando ho indossato, con onore, la canottierina Rosso-Blu, e credo che forse, sia arrivato il momento di buttare giù, in modo un pò più lucido, le emozioni che hanno segnato un anno di corse, e non solo.
Tutto è cominciato per caso, oltre che per scherzo.. corricchiavo da tempo, è vero, ma senza arte nè parte, come si suol dire, probabilmente non corricchiavo neanche, ma mi “trascinavo in avanti”, un pò per automatismo, un pò per noia, ma priva di meta o direzione. Sapevo che doveva cambiare qualcosa nella mia vita, ma non conoscevo esattamente da cosa e dove questo cambiamento sarebbe iniziato. Così, una fredda domenica mattina di Ottobre 2015 scelsi di buttarmi giù dal letto e ribaltare una mia abitudine: basta tapasciare il pomeriggio! Bardata di tutto punto, forse troppo, uscii direzione Cascine, era freddo, e una coltre nebbia non lasciava ben sperare in miglioramenti climatici, “pazienza”, mi dissi “intanto esco..da qualche parte arriverò!”.
Incontrai per caso, in sincronia quasi centesimale, un collega, con un compagno di squadra: provenivano dall’altra parte della città, avevano già percorso oltre 18km, stavano preparando la Maratona, mi dissero.
In quel momento li ho guardati con stima profonda, di quella stessa ammirazione che i bambini provano per gli adulti quando fanno cose che ai loro occhi e per le loro capacità, sembrano da super-eroi. E loro per me lo erano! Correre mi piaceva, alla Maratona non avevo mai pensato perchè, nel momento in cui mi balenava in testa quell’idea, subito subentrava il pensiero boicottante “non ce la farai mai…”, così, rinunciavo anche solo a sognarla, di fare, una Maratona tutta mia. Riponendo il mio sogno nel cassetto, continuavo le mie corse in solitaria, lunghe si, ma senza obiettivi.
Dopo qualche settimana la proposta di Lapo “ti andrebbe di accompagnarmi per una decina/ventina di km?!”.
Vissuta così, mi faceva tutto un’altro effetto; si avrei corso nella Maratona, dentro, ma lo facevo per qualcun’altro, e tutto questo, mi garbava un sacco! Decidemmo orario e punto di incontro (al km 4°); avevamo detto 20km, tornai a casa che ne avevo fatti 32 di km, e soprattutto, come li avevo fatti! Ricordo che mentre rientravo ascoltavo le mie sensazioni, le emozioni; ero stanca certo, ma stavo bene, ero felice, e soprattutto, mi ero divertita, e sorridevo! Il passaggio verso la scelta di correre “insieme” e non più da soli, è stato veloce, e immediato. Mi è piaciuto lo spirito del gruppo, il calore, l’incitamento, il rispetto, la stima che sentivo di riflesso arrivare da tutti coloro che erano spettatori per Lapo prima, e per tutti gli altri che quei 42.2km se li stavano sudando.
Non avendo mai avuto squadre alle spalle, non sapevo come funzionasse l’esatto iter di iscrizione; ma una cosa mi sembrava d’obbligo, presentarmi e chiedere il “permesso” di entrare. Il mio messaggio arrivò al DS e dopo pochi giorni ero una Luivan anche io.
Ricordo che non vedevo l’ora che mi arrivasse la divisa, volevo indossarla, sfoggiarla, proteggerla e onorarla come si fa con le cose di cui si ha maggior cura. La mia prima gara ufficiosa (perchè ancora non avevo il tesserino) fu la Firenze-Fiesole-Firenze, quella ufficiale, la Befanina, dove arrivai a premio. Sorvolo sulle mie domande, che oggi paiono forse ingenue, ma che vi assicuro rispecchiavano realmente la mia ignoranza in materia di competizioni sportive: concetti come PB, arrivare a premio, punzonature, chip, ripetute erano un linguaggio astruso, e se da una parte mi sentivo una schiappa dall’altra ho sempre cercato di rischiare, mettendomi in gioco.
Quest’anno ha segnato un profondo cambiamento in me, non tanto dal punto di vista sportivo (non dico atletico perchè non mi sento affatto una atleta!), quanto soprattutto da quello personale.
Correre mi ha fatto capire molte cose; mi ha insegnato ad ascoltarmi, imparando a riconoscere i miei limiti e i segnali del mio corpo, a rispettarlo prima di tutto, concedendogli riposo quando stavo esagerando, assecondandolo quando invece mi faceva capire che potevo andare avanti. Correre mi ha fatto capire un po’ di più quali fossero le mie potenzialità, anche nella vita, mi ha insegnato a rischiare senza vergognarsi di non essere all’altezza, senza temere i confronti, senza preoccuparsi del giudizio ma gestendo ogni sfida, sempre con me stessa e mai con gli altri, in modo sano e corretto. Correndo ho capito il significato della parola “sacrificio” e ho imparato cosa si prova quando arrivano le prime soddisfazioni inaspettate. Ricordo ancora la mia prima Mezza Maratona (Scandicci), 5a assoluta, e un tempo dignitoso: 1 ora e 37 minuti. Non riuscii però a festeggiare in pieno perchè quella giornata portai a casa la preoccupazione per un compagno di squadra più che la gioia di me. Accantonai tutto, altro prese posto.
Da lì la scommessa: “io ci provo” – dissi “questa volta la Maratona la correrò per me, e sarà la prima, nella mia città”.
Mi iscrissi quasi 10 mesi in anticipo, senza sapere quello che avrei dovuto affrontare. Ma ci sono cose che si fanno per istinto, e per un segno di fuoco come me, o con l’istinto ci impari a convivere o son guai.
Ma chi lo dice che l’istinto sia sempre sbagliato? Quando la passione ti spinge e il cuore ti parla, io non posso non ascoltarlo.
Ammetto che non è stato tutto semplice; farsi spazio in un ambiente un pò “chiuso” come il nostro e per di più, farlo da grandi e non da ragazzetti, è roba tosta. Gli sguardi sospettosi, i falsi sorrisi, le parole sincere e quelle un pò meno. Forse non ero pronta a tutto questo, perchè di fondo penso che le persone non possano provare sentimenti negativi per gli altri senza motivo, ma tutto fa esperienza, e tutto serve, e rifarei esattamente ogni cosa come è stata fatta!
Il passaggio dal prima al dopo è segnato dalla gara Rignano Run, una gara a cui ricordo bene, non volevo neppure partecipare e a cui mi iscrissi all’ultimo minuto. Mentalmente libera ma forse non allenata alla perfezione essendo tornata da due giorni dalle ferie, decisi comunque di andare, facendo prevalere così la passione sulla pigrizia. C’era però un altro ostacolo da superare: la salita. Chi mi conosce un pò, sa bene quanto abbia mal sopportato le gare in salita, credo sia forse più un qualcosa di psicologico che altro. Ma a Rignano, senza attese o pretese, qualcosa stava cambiando; vedevo uno sterrato lungo e ripidissimo, ma lo guardavo con meno paura. Ricordo con i brividi quando al secondo ristoro sento dire “ecco la prima donna…”. Cosa? Io? No. Non è possibile.
L’arrivo sul podio è stato un premio alla mia fiducia, e da sola, per la prima volta, mi sono detta “brava Laura, puoi farcela anche tu”.
I seguenti traguardi sono stati ravvicinati, una bellissima Firenze-Reggello, gara affascinante dal punto di vista paesaggistico e dell’impegno; il Palio Fiorentino, il Vitello d’Oro per arrivare alla fatidica prima Maratona.
Di quella giornata porto con me il ricordo dei sorrisi che ho incrociato, dell’incoraggiamento, le voci. Non era scontato che arrivassi al traguardo, per me era importante finirla, non immaginavo di chiuderla con un tempo che forse neppure sarò in grado di ripetere. Ma resta tale, e custodisco quell’emozione unica che solo chi ha corso una gara come la Maratona può capire.
Dopo un anno credo che un poco mi sia fatta conoscere, con discrezione perchè di carattere sono così, entro in punta di piedi per uscirne allo stesso modo; non sono fatta per sgomitare ma amo mettermi in gioco. Mi piace competere ma amo la solidarietà. So vincere ma accetto che si deve pur perdere. Il carattere determinato e combattivo fa parte di me, è vero, in fondo come già ho detto, quello che passa nella mente di un podista durante una gara, resta tra le pieghe dell’anima del podista. Ma la corsa, non è in fondo la cartina tornasole della vita? Se si sa guardare tra le righe, si vedono aspetti del quotidiano di ognuno, che spaziano dall’ambiente lavorativo a quello degli affetti. Alla corsa dirò sempre grazie perchè mi ha insegnato a non smettere mai di credere nei sogni, qualunque essi siano,e a lottare affinchè possano divenire realtà..
Quell’ultimo km alla Maratona mi ha ripagato di tutti i sacrifici, e vi assicuro che gli amici che gridavano il mio nome non li sentivo neppure più..quel tappeto blu, che segnava la fine di una gara e il coronamento di un sogno credevo fosse l’arrivo, in realtà segnava solo l’inizio. Un nuovo inizio.
Ho già avuto modo di farlo privatamente e pubblicamente, ma non è mai troppo il valore della parola “grazie” soprattutto quando è sincera, fa bene dirlo e sentirselo dire.
Grazie al vostro spirito di squadra solidale, rispettosa e onesta. Grazie a chi ha dedicato un pò della loro saggezza e tempo per condividerli con me, regalandomi consigli (nulla è dovuto o scontato!) di cui ho fatto tesoro.
Gianni, un mèntore che parla poco ma che quando lo fa, non è mai a caso. Un uomo equilibrato, lucido e corretto. Stupenda l’immagine immortalata sul ponticino di Pontassieve alla Firenze-Reggello: il mio sguardo dice tutto.
Lapo, un amico responsabile e affidato, sincero come pochi e simpatico sopra ogni cosa. Angelo, collega riservato, compagno di squadra riflessivo e introverso, ma che secondo me ha tanto da raccontare e insegnare. Valentina, sicuramente l’alter ego che ho sempre visto come esempio e che continuo a fare, indipendentemente dai numeri. Eva, una veterana inossidabile, con una grinta da combattente. Alessandro Totti, e i suoi incoraggiamenti ogni volta che il puntino Rosso-Blu sfrecciava per le vie di una gara, il suo tifo è unico, come il suo sorriso!
Alessandro Del Sarto, e il ricordo della Notturna di questa estate, quando raggiungendolo al secondo giro, mi sorrise come un babbo fa con un figliolo. Stefano Cambi, grande persona, spirito da amico, uomo corretto. Non scordo la sua frase durante la Maratona “corri per te..”. Andrea Iania che dire, la bontà fattasi uomo, la genuinità e la solarità. Sempre pronto a darti una mano. Di lui ho l’immagine alla Firenze-Reggello quando dopo il ritiro, ci incitava dall’auto, ad ogni curva, dopo ogni salita.
Massimo Rigacci, un podista che ha fatto il salto di qualità, ma che non ha fatto dei suoi successi un vanto, con lui mi accomuna la semplicità e la naturalezza. Claudio Belotti, il primo aiuto che ho ricevuto, quando dovevo preparare la mia prima Mezza; grazie per i consigli, e per quella volta in cui mi hai affiancato per le mie ripetute. Dido, un agonista non un amatore, ci si sente arricchiti solo standogli vicino. La sua esperienza e i suoi racconti mi lasciavano ogni volta il senso della meraviglia e dello stupore. Tanta stima. Emanuele Bianchi, riservato come me, ma corretto e trasversale. Raimondo Calvelli, istrionico e incredulo compagno di un improvvisato allenamento alle Cascine.
Filippo Fanfani, Matteo Mariotti, Stefano Orlandi, Jose Rodriguez, Simone Fabbrini, Marco Bartolotti, Marco Enrico Parri e tutti gli altri che ho visto, incrociato, intravisto o forse neppure conosciuto, ma che in un modo o nell’altro non mi hanno mai negato un sorriso. Chiedo scusa se ho tralasciato qualcuno.
Armando, la colonna portante Luivan, Silvano che si da sempre da fare per far crescere la squadra e non far perdere la memoria del fondatore. Giovanni Toccafondi, un jolly interscambiabile e un esperto consigliere anche grazie alle ormai innumerevoli vittorie della moglie!
Ultimo, ma non per ultimo, Filippo Caldarola. Merita, già solo per il ruolo che ricpore, un grazie speciale. DS, podista e atleta a 360 gradi, mai assente, capace di percepire ogni situazione delicata e proprio per questo, in grado di gestire le dinamiche e gli equilibri; saggio, corretto, amico. Grazie per l’emozione che hai provato, ed è stata sincera come fossi stato tu a vincere, per il mio primo podio più alto a Rignano. In quel momento non ci siamo detti nulla, ma è come se ci fossimo detti tutto: in me hai letto l’orgoglio e la soddisfazione, in te ho rivisto la stima e il rispetto. Gioia condivisa, gioia amplificata.
La Luivan però mi ha dato la possibilità di fare di più…conoscere persone che sono diventate amiche, alcune ancora in squadra, altre che hanno intrapreso diversi percorsi (non c’è bisogno di far nomi) ma senza mai far venire meno il reciproco rapporto di fiducia, anzi. Ho conosciuto sorrisi di avversari che mi hanno dato mano in momenti di difficoltà e a cui ho ricambiato con piacere l’aiuto (Emanuela del Fiorino, Mezza Maratona di Lucca, che al 16° accusa un blocco mentale, e che affianco per guidare fino al traguardo, esperienza rimasta impressa ancor di più perchè in quella Mezza ero l’unica Luivan). Ho conosciuto di converso sguardi un pò meno benevoli di chi vedendomi prima di una gara, digrignava i denti farfugliando frasi smorzate.
Sono partita dal niente, oggi mi conoscono, mi riconoscono, mi apprezzano.
In un anno di gare ho incontrato e conosciuto più persone che in anni di uscite goliardiche tra amici, perchè se è vero che quando si corre, si è da soli con se stessi, è pur vero che appena si taglia il traguardo, i primi colori che si cercano tra la folla, sono quelli della propria squadra!
Vi saluto però con una frase, quella che mi ha detto una persona vedendomi correre alla Maratona. Queste le sue parole: “grazie, vederti correre mi ha emozionata tantissimo, perchè fai trasparire tutto ciò che provi..”.
Ecco, se anche solo una persona è riuscita a vedere tutto questo, io posso ritenermi soddisfatta, perchè è così, quando corro sorrido, e quando sorrido, sto bene.
Grazie ad ognuno di voi. E tutta la mia stima. Uno per uno, dal primo giorno, e come il primo giorno.
Laura